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Sciascia in America: dialogo con Eloisa Morra

Leonardo Sciascia, in Nero su Nero, scrive: «Noi, ventenni, col mito dell’America che non ci veniva dai parenti e dagli amici (degli amici), ma dalle appassionate letture, cui Vittorini e Pavese ci avevano avviato, di Faulkner, di Hemingway, di Steinbeck, di Caldwell, di Saroyan. Che ve ne sembra dell’America? Chiedeva un titolo di un libro di Saroyan […] La libertà, la democrazia, il new deal, la frontiera verso il mondo nuovo – era la nostra risposta». (L. Sciascia, Nero su nero, in Id., Opere 1971-1983, a cura di C. Ambroise, Milano, Bompiani, 2001, p. 667).

Che il mito dell’America costituisse un polo nevralgico di confronto e di analisi, un richiamo continuo per gli scrittori non soltanto italoamericani di prima e seconda generazione, ma anche per gli scrittori del Novecento è ormai indubbio, e la prova non è soltanto una cospicua letteratura di viaggio, di esilio, laddove la diaspora degli italiani lascerà sempre una traccia letteraria in quelle pagine di emigrazione che costituiscono oggi un patrimonio valoriale unico, sospeso tra nostalgia e assenza, tra il ricordo del vecchio e il miraggio del nuovo. Il mito dell’America si alimentava nel belpaese di letture (si pensi ad Americana, antologia di scrittori americani curata da Elio Vittorini), e di questo mito anche Leonardo Sciascia aveva lasciato impronte in una sorta di terra del sogno, una terra sospesa tra la Sicilia da lui abilmente raccontata e una vocazione limpida e illuministica alla descrizione politica, alla volontà di denuncia, alla documentazione dei problemi del meridione.

Che anche l’autore del Giorno della civetta subisse il fascino dell’America, è ormai documentato da un’ampia letteratura critica. Ma che l’autore di Racalmuto approdasse davvero in America, è una conquista recente e interessante in quanto offre nuovi spunti di analisi e di riflessione.

Ne parliamo con Eloisa Morra, Assistant professor d’Italianistica all’Università di Toronto, dove coordina il progetto di ricerca «Sciascia Archive Project»: sono state acquisite dall’Università di Toronto e ora sono in via di digitalizzazione le carte che lo scrittore siciliano donò alla studiosa italoamericana Giovanna Jackson. Dunque un progetto importante, di ampia portata, che non può non aprirsi a collaborazioni con enti qualificati (sia in Italia sia all’interno delle Università).

Eloisa Morra, Assistant professor d’Italianistica all’Università di Toronto, si è diplomata alla Scuola Normale Superiore per poi addottorarsi alla Harvard University. Ha pubblicato la monografia Un allegro fischiettare nelle tenebre. Ritratto di Toti Scialoja (Quodlibet 2014), tra i vincitori dell’Edinburgh Gadda Prize 2015, curato volumi (Tre per un topo, Quodlibet 2014; Paesaggi di Parole. Toti Scialoja e I linguaggi dell’arte, Carocci 2019; Building the Canon, Brill, 2019), mostre e numeri di rivista. Suoi articoli e longform sono apparsi sulla Review of Books, Flash Art, NYT, il manifesto, Il Tascabile e Nazione indiana. Collabora con il ‘Domenicale’ del Sole 24 ore.

 

Gent.ma Dottoressa Morra, innanzitutto La ringrazio per questa intervista. Ci può spiegare come nasce questo progetto e soprattutto come nasce l’interesse di Sciascia per l’America, un autore che non è mai sbarcato fisicamente oltreoceano, ma che adesso, grazie al lavoro da Lei coordinato, può a buon diritto dirsi approdato sul suolo americano?

Grazie a voi per l’interesse verso il progetto. «Sciascia Archive Project» muove i primi passi in seguito alla donazione ricevuta dal Department of Italian Studies finalizzata grazie all’allora Chair, professor Domenico Pietropaolo; successivamente è iniziato il processo di digitalizzazione dei numerosi materiali grazie a una collaborazione con il Department of Information dell’Università di Toronto, grazie alla quale si sono raccolti circa ventimila file in digitale, e il lavoro ora continua per volontà dell’attuale direttore del dipartimento, professor Luca Somigli. Come responsabile del progetto al momento ho il piacere di coordinare un gruppo di dottorandi e studenti di master con cui stiamo schedando i materiali raccolti nell’intento di ragionare sulla forma (o “immaginazione specifica”, per usare un’espressione di Giancarlo Alfano) del fondo: si tratta di un esercizio di filologia attiva, basato sull’esperienza concreta del materiale. Alla riflessione sul già raccolto stiamo affiancando una componente di divulgazione, su tutti L’alfabeto di Sciascia, una serie di videopillole informative sull’opera sciasciana: a questo proposito, invito chi fosse interessato a contribuire con un video a contattarmi. Oltre alla sezione sul nostro sito web dipartimentale, si può seguire la pagina Instagram @sciasciarchiveproject per aggiornamenti e rassegna stampa. Stiamo poi lavorando ad alcune partnership che appariranno sul nostro sito man mano che verranno formalmente finalizzate. L’interesse di Sciascia per l’America nasce già nell’infanzia, ed è ascrivibile a una ragione biografica troppo spesso trascurata, di cui hanno discusso Matteo Collura e Teresa Fiore: suo padre Pasquale s’era trasferito negli Usa per più di sette anni, dal 1912 al 1919, per poi tornare a Racalmuto senza far mai parola dell’esperienza; in un suo scritto Sciascia rintraccia il suo interesse per l’America proprio in questo non detto: «A noi però non ne ha mai parlato, per lui l’America era l’inaccettabile e l’indicibile». A questa necessità di ricostruzione si aggiungono via via gli interessi sviluppati nel suo precoce percorso intellettuale, che presto alla fascinazione da moviegoer sovrappone quella per la letteratura. Ma l’interesse di Sciascia per l’America è legato a doppio filo agli incontri concreti con intellettuali americani e italoamericani: negli anni Cinquanta intervisterà Allen Tate, ma è negli anni Settanta che inizia il rapporto — più profondo, fatto di anni di dialogo — con la studiosa italoamericana Giovanna Jackson, la prima a pubblicare una monografia sciasciana in lingua inglese. E proprio a Jackson, italianista e attivista, è da ricondurre la volontà di donare i materiali ricevuti da Sciascia al nostro dipartimento a Toronto, tra i più grandi del Nord America.

In un recente articolo pubblicato su «Il sole 24 Ore», Lei parla, al riguardo, della «storia inedita di un archivio in viaggio on the road, da Racalmuto a Toronto via Columbus». Effettivamente leggere del costituirsi di questo prezioso archivio, dal sodalizio culturale e dall’amicizia di Sciascia con Giovanna Jackson, è davvero affascinante. La donazione sciasciana ha un valore inestimabile, sia dal punto di vista letterario-materiale che affettivo- ideologico. Quanti sono i files schedati e in cosa consistono? Vi sono inediti?

I materiali raccolti dall’ “Eco della Stampa” (l’agenzia cui Sciascia si era rivolto, tra le più importanti d’Italia) sono numerosissimi – circa 20000 i file schedati finora – e molto diversificati: si va da articoli di Sciascia stesso alle interviste a scritti d’arte, spesso apparsi su riviste e cartelle di scarsa diffusione ergo di difficile reperibilità. Tutti i materiali sono legati all’ultimo ventennio di attività dello scrittore, segnato da un forte impegno civile. Inoltre, il dato interessante è che l’ufficio stampa raccoglieva anche articoli in cui Sciascia era menzionato da lettori, quindi — oltre a renderne tangibile l’agire nel campo letterario — il fondo rende testimonia come si evolve l’immagine di Sciascia autore, il peso sempre più forte che la sua figura assume negli anni non solo agli occhi di colleghi scrittori, di critici o accademici, ma anche nel sentire comune. Ci sono diversi suoi articoli non schedati nelle bibliografie disponibili, di cui darò conto in un saggio di prossima uscita.

Per quanto concerne l’aspetto ideologico, Lei evidenzia la necessità di interrogarsi sul significato di questa “volontà d’archivio” a dispetto o integrazione di una “volontà d’autore”. Crede che l’italianità della studiosa Jackson, e la sua odissea al contrario, il suo bisogno di tornare alle origini, possano avere influito sull’uomo Sciascia, sulla sua vocazione all’altrove e documentaria, in una corresponsione dicotomica di intenti o di topoi? Oppure il mito dell’America per lo scrittore siciliano ha sedimentato negli anni una volontà di appartenenza che si esplica in questo archivio? 

Nell’articolo apparso sul ‘Sole’ ho fatto uso d’un espressione (ripresa dal bel volume curato da Simone Albonico e Niccolò Scaffai, L’archivio e il suo autore, 2015) volta a esplorare l’importanza assunta nel profilo di autori moderni del conservare le proprie carte — in qualche caso la propria biblioteca — attraverso l’istituzione di un archivio o di un fondo bibliografico. Conservare vuol dire anche tramandare una certa immagine di sé, aggiungendo una dimensione ulteriore al self-fashioning messo in atto nelle interviste, dichiarazioni d’autore, autoritratti. A differenza di quest’ultime testimonianze (qualsiasi novecentista sa bene quanto le ricostruzioni d’autore siano sovente inaffidabili), la materialità degli archivi e dei fondi bibliografici offre agli studiosi una bussola decisiva per orientarsi all’interno dell’opera. In questo caso credo siano vere entrambe le ragioni menzionate: da un lato la vocazione all’altrove, la costante tematica del mito dell’America e l’immagine cristallizzata dell’Italia nella mente di chi è emigrato, e dunque l’immediato senso di immedesimazione verso il vissuto di Jackson; dall’altro il desiderio dello scrittore di offrire alla studiosa — e, più in generale, agli studiosi che si trovano in Nordamerica — uno strumento privilegiato di studio. I materiali del fondo sono di difficile reperibilità per chi è in Italia (Sciascia era molto prolifico, e spesso ci si trova a possedere il riferimento bibliografico ma non le scansioni degli articoli), figurarsi per chi non ha a disposizione emeroteche e archivi. La mia impressione è che Sciascia, in contatto con diversi altri intellettuali americani, volesse favorire una diversa ricezione critica del suo lavoro: non a caso era molto sensibile ai processi di traduzione dei suoi scritti nel mondo anglofono.

Sciascia amava l’America letteraria e quella cinematografica. C’è qualche documento d’archivio che L’ha colpita particolarmente? 

I materiali sono perlopiù legati al contesto italiano e in qualche caso siciliano, ma c’è una percentuale dedicata all’America. Di quest’ultima mi ha colpito molto la presenza di alcuni articoli di Sciascia apparsi sul ‘New York Times’ tra gli anni Sessanta e gli Ottanta: restano da ricostruire i canali attraverso cui riuscì ad arrivare a una testata così importante. Più in generale, mi ha colpito l’estrema cura con cui Jackson ha preservato i documenti, conservando i piccoli involti e pacchetti che Sciascia le aveva donato.

laura.dangelo86@gmail.com

 

L'autore

Laura D'Angelo

Laura D’Angelo è scrittrice e poetessa. Dopo la laurea con lode in Lettere classiche e Filologia classica, consegue un Dottorato di ricerca in Studi Umanistici. Docente di materie letterarie, pubblica articoli accademici su riviste scientifiche e saggi in volumi collettanei, approfondendo lo studio della letteratura e della poesia contemporanea. Giurata in diversi Premi nazionali di poesia e narrativa, partecipa a convegni internazionali e svolge attività di critica letteraria, curando presentazioni di libri e interviste. Ha scritto per diverse testate giornalistiche ed è autrice di riviste culturali e letterarie. Tra i suoi testi scientifici: Dante o dell’umana fragilità, in «Sinestesieonline», a. X, n. 32, 2020; L’Isottèo di Gabriele D’Annunzio e la poetica della modernità, in Un’operosa stagione. Studi offerti a Gianni Oliva, Carabba, Lanciano, 2018; Gabriele D’Annunzio e le case della memoria, in Memories &Reminiscences; Ricordi, lettere, diari e memorialistica dai Rossetti al Decadentismo europeo, Atti del Convegno Internazionale di Studi, Chieti-Vasto, 20-21 novembre, 2019, in «Studi medievali e moderni», a. XXIV – n. 1/2020; Music and Soul: Gabriele D’Annunzio and his Abruzzo Homeland, in Bridges Across Cultures, Proceedings, Vasto, 2017; Dante tra web e social network, in «Studi medievali e moderni», a. XXV – n. 1-2/2021; L’etica dell’acqua, in «Gradiva», International Journal of Italian Poetry, n.62/2022,  ed. Olschki, Firenze; La “Prima antologia di poeti dialettali molisani” di Emilio Ambrogio Paterno, in «Letteratura e dialetti», vol. 16, 2023; Da “Cuore” a L’appello” per una scuola dell’inclusione, in «Nuova Secondaria Ricerca», n.8, aprile 2023. Ha pubblicato inoltre il volume di prose poetiche Sua maestà di un amore (Scatole Parlanti, 2021), semifinalista al Concorso di Poesia “Paolo Prestigiacomo” e il volume Poesia dell’assenza (Il Convivio editore, 2023). Sta recentemente approfondendo lo studio della poesia e della letteratura molisana.


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